Il recupero della plastica come scarto industriale è una delle nostre principali attività, ma per cercare di ridurre l’enorme quantità di plastica che finisce negli oceani non dobbiamo limitarci ad affrontare solo il problema delle macroplastiche. Vediamo perché.
Le microplastiche
Sono pressoché invisibili, le assorbiamo anche dai prodotti cosmetici o dai tessuti sintetici e i depuratori non le trattengono. Cosa si sta facendo per contrastare un problema complesso come quello della gestione delle microplastiche?
L’inquinamento marino costituito dalle macroplastiche (frammenti con dimensioni > 5mm) impatta sulla nostra consapevolezza perché si vede, ma secondo gli esperti comporterebbe solo l’8-10% della massa totale di plastica dispersa nel mare.
Il problema delle microplastiche
Il problema più grave sarebbe rappresentato piuttosto dalla microplastiche, composte sia da fibre plastiche che naturali, rilasciate anche per intenderci nelle microfibre dell’asciugamano messo in lavatrice e che finiscono nel ciclo delle acque reflue.
Le microplastiche si trovano anche nei prodotti cosmetici ad effetto esfoliante, abrasive e quantificate da uno studio dell’Ismac CNR di Biella in 750mila microparticelle in un flacone di prodotto da 250ml, anche nei prodotti cosiddetti naturali.
L’inefficacia delle attuali tecnologie
Senza entrare troppo nei dettagli, con queste premesse si comprende facilmente che le attuali tecnologie di depurazione finalizzate al trattenimento delle microplastiche sono scarsamente efficaci.
L’adozione di tecnologie di separazione mediante centrifughe o idrocicloni – si sostiene da più parti – potrebbe contribuire a migliorare l’efficacia, così come i sistemi di depurazione a membrana.
Che fare quindi?
Il problema è molto complesso e soluzioni facili non ce ne sono. Le trasformazioni chimiche, o fotochimiche, sono alla base di diversi progetti in questo senso.
In Svezia si lavora invece su speciali reti con semiconduttori in grado di degradare le microplastiche.
In Giappone si sta infine studiando un batterio in grado di nutrirsi di microplastiche.
Come detto il problema è complesso. La raccomandazione di scoraggiamento o di proibizione dell’uso di plastiche usa e getta possono avere sicuramente un impatto sensibilizzante sull’opinione pubblica e contribuire a migliorare il problema, ma la speranza maggiore è affidata alla ricerca.